IL DIVINO IN EMMANUEL LEVINAS

Ho scoperto questa interessante tesi di laurea sul sito di 

Il problema del divino nel pensiero di Emmanuel Levinas

di Daniele Ascani

Università di Pisa – Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere – Corso di Laurea Magistrale in Filosofia e Forme del Sapere – Relatore Prof. Adriano Fabris – Anno Accademico 2016-2017
Introduzione

Nella biografia intellettuale di Emmanuel Levinas, l’allievo e giornalista Salomon Malka riporta un curioso aneddoto sulla vita del filosofo francese. Durante uno dei loro colloqui, l’argomento era caduto precisamente sui nomi di Dio nella tradizione ebraica. Lo stesso Levinas – scrive Malka – aveva tenuto una conferenza su questo tema, spiegando in modo dettagliato ognuno dei nomi (ad esempio ElohimEl Shaddai..) e attribuendo a ciascuno un significato particolare. Eppure, a questa collezione mancava ancora un appellativo di cui lo stesso Malka lo aveva informato, ricordando una vecchia lezione del padre: questo nome era Kavyakol, che letteralmente significa «secondo tutte le proporzioni», o meglio «per così dire».

«Per così dire. Come detto altrimenti. O altrimenti che essere. L’espressione gli era piaciuta» – racconta ancora Malka – «Aveva ripetuto KavyakolKavyakol, come un dolce che si scioglie in bocca»[1]. Il lavoro che presenteremo in queste pagine prende le mosse dalla convinzione che la questione del divino e della trascendenza teologica svolga un ruolo primario nell’orizzonte di pensiero di Levinas. Essa consente propriamente di «dare un sapore» e offrire un orizzonte di comprensione ampio su molti aspetti della riflessione del filosofo francese. Senza la pretesa di esaustività, cercheremo quindi di ripercorrere le «tracce» di una Presenza negli scritti del pensatore francese, al di fuori di ogni ambito teologico o di qualsiasi adesione religiosa, ma tentando di «tradurre in greco la sapienza ebraica» – per dirla con le parole del nostro filosofo.

Nel primo capitolo, presenteremo in sintesi le grandi prospettive di pensiero che caratterizzano la filosofia di Levinas: gli esordi giovanili, l’incontro con la fenomenologia di Husserl e Heidegger, fino alle opere più mature che lo hanno reso celebre (da Totalità e Infinito ad Altrimenti che essere). Indagheremo i concetti di «infinito», «volto», «soggettività» e «responsabilità», veri capisaldi dell’orizzonte intellettuale levinasiano.

A partire dal secondo capitolo affronteremo da vicino il tema di nostro interesse, dedicando l’attenzione ai testi strettamente filosofici del nostro autore per scoprire in che modo «Dio viene all’idea». Quest’analisi porterà alla luce le nozioni di «traccia», «gloria della testimonianza» e «illeità», ma anche la questione della pensabilità di Dio «aldilà dell’essere» e fuori da ogni ontologia. Un linguaggio nuovo e a tratti «misterioso» che Levinas si impegna a costruire nel tentativo di indicare quel Dire nascosto dietro il Detto.

Il terzo capitolo svilupperà il problema del divino a partire dagli scritti «confessionali», ossia quelli dedicati all’ebraismo e alle letture talmudiche. Ci soffermeremo innanzitutto sulle radici ebraiche di Levinas, definendo la vocazione autentica di quel «pensiero d’Israele» che il nostro filosofo si propone di mettere in luce, sulla scia di grandi intellettuali del XX secolo (tra cui Buber e Rosenzweig) e della tradizione rabbinica. Cercheremo poi di avvicinare il lettore al «mondo del Talmud» attraverso gli occhi dello stesso Levinas, ed in particolare mediante quel particolare metodo esegetico da lui sviluppato, per far emergere quale sia il «volto» di Dio contenuto nella Scrittura.

Infine, nella ultime pagine del presente lavoro tenteremo di «verificare» se davvero quel tentativo di «traduzione» abbia avuto un esito positivo, individuando eventuali analogie e/o differenze tra il «Dio filosofico» e quello della rivelazione ebraica, così come emersi dall’interpretazione levinasiana.

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  • Un'altra tesi avvincente è stata scritta da Silvia Minniti dal titolo:

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