RIMA BACIATA
Pessoa è l'unico poeta in rima baciata con la città in cui nacque e morì, Lisboa.
Fernando Pessoa nacque nel 1888 e morì a 57 anni. Visse nascosto e scrisse mascherato sotto una valanga di eteronimi. È un poeta gigantesco pur nella sua minuta sagoma; poeta filosofico, epocale ed esistenziale. Descrive la condizione contemporanea come pochi, pochissimi, quasi nessuno. Occhio penetrante, tristezza portoghese che scruta l'oceano del nulla, inattitudine alla vita ma capacità di penetrarla nell'intimo della sua essenziale vacuità.
Asceta lievemente autistico di una religione a misura d'individuo, per mondi solitari, Pessoa è sospeso tra il genio e la follìa e rende conto di questa alternanza schizoide in una marea di scritti, magazzino di materiali interiori, una soffitta dove sono ammassate come bambole e velieri le sue ossessioni in forma di pensieri, le sue analisi della mente umana e dell'epoca in cui visse.
Ci sono tanti, tanti Pessoa. C'è il Pessoa del Faust e delle raccolte poetiche sotto nomi diversi; c'è il Pessoa narratore, il Pessoa esoterico stregato dall'occulto, c'è il Pessoa che canta l'amore — illusorio, essenziale e incomunicabile; c'è il Pessoa che scrive di politica, commercio e storia patria, c'è un Pessoa poco noto, nazionalista mistico, conservatore anarchico e monarchico.
« O poeta é um fingidor.
Finge tão completamente
Que chega a fingir que é dor
A dor que deveras sente. »
« Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
Che arriva a fingere che è dolore
Il dolore che davvero sente. »
~ (Fernando Pessoa , Autopsicografia, 1931)
Per i più Pessoa è il «poeta fingitore», restituito alla sua solitaria moltitudine, se si considera la pletora di eteronimi con cui si è firmato e che rendono arduo decrittare la sua opera e le sue ramificazioni. Perché questa sua predilezione a trincerarsi dietro tanti nomi e tante biografie fittizie? Per sparire e moltiplicarsi. Per solitudine e per farsi compagnia, fino a far comitiva da solo in un mondo parallelo, onirico e veggente. Per poligamia delle idee e infedeltà alle proprie fissazioni. Per timidezza plurima aggravata. Per narcisismo masochistico di un ego che si moltiplica ma poi si punisce negandosi. Per integralismo narrativo, nel senso che anche l'autore è compreso nella finzione narrativa, è dentro il racconto, immaginario pure lui.
Per una specie di pirandellismo applicato anche all'autore e non solo ai suoi personaggi – uno nessuno centomila – soggetto labile di un relativismo assoluto. Perché ogni io è la maschera provvisoria di un Io Trascendentale. Per schizofrenia, paranoia, disturbi della personalità, isteria e mimetismo; il genio, spiega lo stesso Pessoa, è un disadattato.
Probabilmente ogni ipotesi qui affacciata può andar bene per ogni singolo eteronimo usato da Pessoa. Lui, nei suoi appunti sul genio e la follia, spiega che «L'origine mentale dei miei eteronimi è nella mia organica e costante tendenza alla spersonalizzazione e alla simulazione» e poi aggiunge «Fin da bambino ho avuto la tendenza a creare intorno a me un mondo fittizio, a circondarmi di amici e conoscenti che non sono mai esistiti». E poi: «Da quando mi conosco come colui che chiamo io...», quasi ipotizzando che l'io sia un'illusione ottica, una conoscenza presunta. Si ha l'oscura percezione che Pessoa dubiti dell'esistenza di Pessoa, cioè di un sé vero e distinto dai suoi eteronimi e dalle ombre che lo circondano. L'io appare ondeggiare tra realtà e finzione, costretto a cercare la verità nella finzione o tramite la finzione. È solo un gioco narrativo o è la sua visione del mondo? «Non so niente. Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. A parte questo, ho in me tutti i sogni del mondo». Pessoa è solo una buccia, una scatola anonima che contiene tesori.