!לְהִתְרָאוֹת Addio Amos Oz!

Amos Oz in Israele

È morto Amos Oz, lo scrittore israeliano aveva 79 anni

Voce della storia d’Israele con il romanzo «Una storia di amore e di tenebra», era sostenitore della «soluzione dei due stati» nel conflitto palestinese-israeliano

di IDA BOZZI  (Corriere della Sera, 28/12/2018)
È morto lo scrittore israeliano Amos Oz (Gerusalemme, 4 maggio 1939 – 28 dicembre 2018) autore di romanzi come Una storia di amore e di tenebra (Feltrinelli, 2002), in cui ha narrato insieme la storia della sua famiglia e la vicenda storica della nascita di Israele (un libro diventato anche film, nel 2015, per la regia di Natalie Portman, e uscito in Italia con il titolo Sognare è vivere). Docente di letteratura ebraica all’Università Ben Gurion del Negev, sostenitore della «soluzione dei due stati» del conflitto arabo-israeliano, ha ottenuto per i suoi numerosi romanzi molti riconoscimenti, tra cui il premio Bialik (1986), il Prix Femina (Parigi, 1989), il premio Israele (1998), assegnato nonostante le proteste della destra israeliana. Tra gli altri riconoscimenti letterari, il Premio Príncipe de Asturias de las Letras e il premio Fondazione Carical Grinzane per la cultura mediterranea nel 2007. Tra i suoi libri più recenti, il romanzo Finché morte non sopraggiunga (Feltrinelli, 2018), il romanzo Tocca l’acqua, tocca il vento (traduzione di Elena Loewenthal) e il saggio Cari fanatici. La morte è stata annunciata dalla figlia Fania, che ha spiegato su Twitter che il padre si è spento dopo una breve lotta con una grave malattia.

Segnato fin dall’adolescenza dal suicidio della madre, figlio di un padre militante nella destra ebraica, si era ribellato all’atmosfera familiare entrando nel kibbutz Hulda, e cambiando il cognome originario «Klausner» in «Oz», cioè «forza» in ebraico. Dopo gli studi in letteratura e filosofia all’università ebraica di Gerusalemme e poi a Oxford, negli anni Sessanta aveva aderito al movimento pacifista Shalōm ‘akhshāv («Pace ora»), insieme ad altri intellettuali e scrittori come Abraham Yehoshua e David Grossman.
A partire dall’interiorità umana, dalle vicende familiari, dalle contraddizioni e dalle storie di contrasti tra le generazioni, Oz ha raccontato la storia di Israele. Il Paese di ieri — come nel suo libro più celebre, quell’autobiografico Una storia di amore e di tenebra (Feltrinelli, 2002) in cui racconta la vita quotidiana dalla fine del Mandato britannico ai primi anni dello Stato di Israele, narrando la vicenda della sua famiglia originaria dell’Europa orientale — ma anche l’Israele degli anni Cinquanta e Sessanta, come nel suo secondo romanzo, Michael mio (traduzione di Rosy Molari, Feltrinelli, 2002), in cui la situazione di crescente tensione nel Paese si riflette nel rapporto tra un uomo e una donna; e infine l’Israele della seconda metà del Novecento, con le tensioni e le guerre: ad esempio, nel romanzo Una pace perfetta (del 1989, uscito in Italia per Feltrinelli nel 2009), Oz narra lo scontro generazionale tra i padri e i figli in un kibbutz alla vigilia della Guerra dei Sei giorni del 1967.
Intensa anche la sua produzione saggistica: nel saggio più recente, Cari fanatici(Feltrinelli, 2017) aveva espresso in tre scritti la sua posizione sul mondo contemporaneo, esprimendosi contro qualsiasi fanatismo (religioso, ma anche politico e culturale) e a favore di una posizione moderata. Era la sua posizione: la stessa che aveva assunto in un altro saggio (uscito in Italia per Feltrinelli nel 2004) e intitolato Contro il fanatismo: contro tutti i fanatismi, Oz spiegava che combattere «un pugno di fanatici su per le montagne dell’Afghanistan» è una cosa, ma «essere» contro il fanatismo significa essere aperti al pluralismo e alla tolleranza. Perché il fanatismo, prima di qualsiasi integralismo, è questione antichissima e radicata nella natura umana: «un gene del male».
Posizioni analoghe erano state espresse dallo scrittore nelle interviste al «Corriere della Sera», e nell’intervento alla Milanesiana del 2008: nel corso della rassegna milanese ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, in particolare, aveva pronunciato un discorso in cui spiegava come il pericolo, la tensione, il conflitto, non esistano solo per chi abita zone di crisi o di annoso conflitto. Tutti viviamo sull’orlo di un vulcano, aveva detto, e aveva aggiunto: «Lo scenario non è solo un ritratto di Israele dal giorno in cui fu fondato nel 1948 fino a oggi. È altresì una rappresentazione della stessa condizione umana. Noi tutti, ovunque, viviamo davvero alle pendici di un vulcano attivo. Forse il vulcano mediorientale è più attivo di quello europeo, ma ogni essere umano, in ogni luogo ed epoca, vive a stretto contatto con la disperazione, la paura, la catastrofe».
La precoce carriera letteraria di Amos Oz iniziò nel kibbutz, dove l’autore strappava le ore di scrittura al lavoro nei campi. Il primo libro — dei circa quaranta che compongono la sua opera narrativa e saggistica — a ottenere un notevole successo fu nel 1968 Michael mio (in Italia 2001, edito da Feltrinelli come gli altri suoi libri), storia di un matrimonio alla vigilia della Guerra dei Sei giorni. Tutti i romanzi di Oz, oggi tradotti in 45 lingue, intrecciano le vicende personali e intime dei protagonisti alla storia di Israele. Seguirono titoli come Il monte del cattivo consiglio (1976, in Italia 2011), Una pace perfetta (1982, in Italia 2009), Fima (1991). Nel 2002 pubblicò il suo libro più celebre, l’autobiografia Una storia di amore e di tenebra (in Italia 2003): la storia della famiglia, del suicidio della madre, della nascita di Israele dopo il protettorato inglese e infine l’esperienza del kibbutz. Dal libro è stato tratto nel 2015 un film diretto da Natalie Portman. Tra i libri, oltre al recente Finché morte non sopraggiunga (2018), anche numerosi testi dedicati alla politica israeliana: tra questi, il saggio Cari fanatici (2017), a favore del dialogo e della moderazione.
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☞ Vedi anche la mia pagina: UN RICORDO DI AMOS OZ, di Susanna Nirenstein.

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